Itinerario 5: i misteri del Mitreo di Duino

Leggende di antichi castelli (vedi qui) e grotte dedicate a culti misteriosi: a circa mezz’ora di macchina da Trieste si trova Duino, il piccolo comune litoraneo ricco di fascino e poesia (Rainer Maria Rilke vi soggiornò, ospite dei principi della Torre-Tasso, e iniziò a comporre le famose Elegie) nel quale si svolge il quinto Itinerario Arcano.

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La nostra meta, questa volta, è il Mitreo e cioè la grotta dove, nel 1963, gli speleologi trovarono rilievi in calcare e altri reperti riconducibili al Mitraismo, ovvero il culto dedicato a una divinità solare di origine persiana: Mitra.

Per visitare la grotta carsica il cui accesso è protetto da un cancello in modo da evitare furti, vandalismi e “riunioni” notturne in stile satanista (sic!), è necessario contattare il Gruppo speleologico Flondar o, comunque, le guide autorizzate ad accompagnarvi al sito.

L’itinerario alla scoperta dei Misteri di Mitra (compreso il trasferimento da Trieste a Duino e ritorno e il percorso per raggiungere il Mitreo e ritorno) dura circa 4 ore.

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Poiché il cammino dalla Stazione Forestale di Duino alla grotta si svolge lungo un ampio sentiero – dal quale potrete godere di una bella vista sul Lacus Timavi – ma nella parte finale prevede un tratto scosceso, il mio consiglio è di indossare abbigliamento e scarpe comodi (trekking leggero) e dotarvi di bottiglietta d’acqua e protezioni solari (specialmente in estate).

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Il bacino lagunare di epoca romana che fungeva da porto, denominato Lacus Timavi, fotografato dal sentiero che conduce al Tempio di Mithra

Durante la passeggiata che ho organizzato con il Gruppo Trieste Arcana, la guida Alice Sattolo ci ha raccontato un sacco di cose interessanti sulla flora e la fauna della zona che, nell’antichità, erano molto diverse da oggi.

Una volta arrivati alla grotta, Alice ha parlato del sito sotto l’aspetto archeologico, mentre io ho trattato il tema del rapporto fra Mitraismo e magia.

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La guida naturalistica Alice Sattolo e la Tauroctonia mitraica della grotta di Duino (TS) – Immagine per gentile concessione di © Roberta Cibeu.

Due parole sul contesto storico

Il culto dedicato a Mithra fu importato dalla Persia (Iran) principalmente dalle legioni di ritorno dalle campagne militari in Oriente e si diffuse a Roma a partire dal I secolo d.C..

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Teodosio I – Di Rasiel – http://en.wikipedia.org/wiki/File:Theod1.jpg

Il Mitraismo raggiunse il culmine fra il II e il III secolo ma dal IV secolo iniziò a decadere – complice l’affermazione del Cristianesimo che con Teodosio I (Editto di Tessalonica, 380 d.C.) diventò religione di Stato –  fino a scomparire quasi del tutto nel V secolo.

Al Mitraismo aderirono anche gli Imperatori; pare che Nerone, Adriano, Marco Aurelio e Diocleziano fossero stati iniziati ai suoi misteri e Aureliano lo associò addirittura al culto del Sol Invictus, la religione ufficiale del suo impero.

Insomma, il Mitraismo trovò terreno fertile presso le élite militari e le alte sfere del potere e, da quanto riportano gli studiosi – pur trattandosi di un culto misterico e perciò segreto, del quale non si hanno fonti scritte se non quelle prodotte da autori cristiani – la ragione del suo successo è da ricercarsi principalmente nella promessa di una vita dopo la morte (particolarmente allettante per chi rischiava la pelle di continuo sul campo di battaglia) e nel fatto che uno degli aspetti di Mitra riguardava la lealtà dei patti e quindi rinsaldava il legame fra casta militare e potere imperiale.

Data questa premessa, quando parliamo di Mitraismo ci riferiamo al Mitraismo romano, cioè a un culto di origine persiana ‘riadattato’ al contesto storico occidentale e quindi abbastanza diverso da quello orientale.

Un culto che, sotto alcuni aspetti, presentò notevoli somiglianze con il Cristianesimo, tanto da far dire al filosofo e storico delle religioni Ernest Renan:

Se il Cristianesimo fosse stato fermato nella sua espansione da qualche malattia mortale, il mondo sarebbe stato Mitraico.


Il mito e la sua simbologia

Secondo il mito la storia di Mitra inizia il 25 dicembre (Solstizio d’Inverno) in una caverna.

Il dio balza fuori da una pietra (petra genetrix) nelle sembianze di un bel giovane armato di arco e frecce (e/o pugnale) e, per prima cosa, colpisce la roccia, facendone sgorgare l’acqua e dando, così, il via alla Creazione del Mondo.

Mitra ha con sé anche una fiaccola, perciò è un dio dadoforo e, come tale, portatore di luce.

Un giorno Mitra combatte con il dio Sole (in altre versioni del mito, invece, i due sono alleati contro le Tenebre), lo vince in battaglia e il Sole – riconosciuta la superiorità del giovane – gli dona la corona raggiata a 7 o 12 punte che si vede in alcune rappresentazioni.

L’episodio centrale del mito è la Tauroctonia, cioè l’uccisione rituale del Toro sacro. La scena, rappresentata in tutti i Mitrei, compreso quello di Duino, vede in posizione centrale Mitra sopra il Toro mentre tiene la bestia per le froge e con l’altra mano affonda il pugnale nella gola dell’animale.

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I Mitrei erano allestiti in caverne naturali o, più spesso, in sale ipogee. In fondo alla sala era posta la lapide raffigurante la Tauroctonia. Davanti a essa si trovava l’altare, ai lati due lunghe panche dove sedevano gli adepti ammessi alla liturgia.  – Mitreo di Duino (TS) – Immagine per gentile concessione di © Roberta Cibeu.

Al sacrificio partecipano altri personaggi: gran parte dell’iconografia comprende il Corvo, il Cane e il Serpente che lambiscono il sangue del Toro che bagna la terra, lo Scorpione che attanaglia i testicoli della bestia e i due fratelli dadofori Cautes e Cautopates che, con le loro fiaccole, una rivolta verso l’alto, l’altra verso il basso, simboleggiano il Sole nascente (Cautes) e il Sole morente (Cautopates).

Spesso, nelle raffigurazioni della Tauroctonia troviamo anche il Sole e la Luna, posti negli angoli superiori (rispetto a Mitra e il Toro, il Sole è in alto a destra, la Luna in alto a sinistra).

A fronte di varie interpretazioni da parte degli studiosi che vedevano nella Tauroctonia una metafora legata ai cicli di morte e rinascita tipica dei culti agrari, ce n’è una piuttosto recente e affascinante (David Ulansey, 1995) che, invece, individua nella configurazione una mappa del Cielo.

In essa i personaggi corrisponderebbero alle costellazioni presenti all’equatore celeste quando l’Equinozio di primavera si trovava nel Toro e Mitra, in posizione centrale, indicherebbe il dominio sul fenomeno della precessione.

In aggiunta, secondo altre ipotesi, il sacrificio del Toro profetizzava il passaggio dall’Era del Toro a quella dell’Ariete, ovvero l’Era del Cristianesimo, contraddistinta, nel suo inizio, dal sacrificio di una altro animale: l’Agnello (che rappresenta il Cristo).


L’iniziazione ai Misteri di Mitra

Incominciamo ad avvicinarci all’aspetto magico del culto mitraico parlando del viaggio iniziatico che l’adepto (il mystes) doveva compiere per raggiungere l’immortalità.

La descrizione dell’iniziazione mitraica ci viene da una fonte particolare: i famosi Papiri Magici Greci, risalenti all’Egitto greco-romano, che consistono in una raccolta di testi riportanti liturgie, formule magiche e ricette alchemiche.

I Papiri Magici furono trovati nei mercati di antiquariato egiziani all’inizio dell’Ottocento e pubblicati a partire dalla metà del secolo.

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Papiri Magici Greci. Un incantamento d’amore (Da Wikipedia – Public Domain)

È in uno di essi, il Grande Papiro Magico di Parigi, che viene descritta la liturgia mitraica e si spiega come il rito di iniziazione fosse stato comunicato da un arcangelo inviato da Mitra al fondatore del culto (un Pater).

Sette erano i gradi dell’iniziazione, ciascuno presieduto da un pianeta:

  1. Corax (il Corvo), sotto l’egida di Mercurio.
  2. Nymphus (lo Sposo), Venere. In altra traduzione, tramandata da San Girolamo e confermata da F. Cumont (il padre degli studi sul Mitraismo): Cryphius, l’Occulto.
  3. Miles (il Soldato), Marte.
  4. Leo (il Leone), Giove.
  5. Perses (il Persiano), Luna.
  6. Heliodromus (il Corridore del Sole), Sole.
  7. Pater (il Padre), Saturno. Il grado più alto, il solo a poter realizzare la Tauroctonia rituale, che avveniva in forma metaforica o, talvolta, nei Mitrei più grandi come quelli dell’Urbe, anche concretamente, tramite una sorta di ‘battesimo del sangue’ (elemento, questo, che farà gridare all’imitatio diaboli, con conseguente assimilazione del Mitraismo a un culto diabolico).

I primi 3 gradi erano propedeutici ai successivi e non consentivano all’adepto di penetrare i Misteri veri e propri. A partire dal quarto grado, invece, il mystes entrava via via nel profondo della conoscenza arcana.

Durante la liturgia, composta da nove logoi (invocazioni), l’officiante utilizzava parole magiche e combinazioni dei sette suoni vocalici (sillabazione mistica) per richiedere l’intervento del dio o delle potenze a lui connesse. Allo stesso tempo, era prevista una ‘parte pratica’, che comprendeva, fra i diversi elementi, l’uso di uno scarabeo e di una pianta magica chiamata kentritide.

La cerimonia, condotta da un iniziato di alto grado, terminava con un banchetto durante il quale si spezzava il pane (o si mangiava la carne del toro) e si beveva vino.


Gemme magiche e Pietre del fulmine

Nell’ambito del rapporto fra culto mitraico e magia di particolare interesse sono le Gemme mitriache, studiate approfonditamente da Attilio Mastrocinque nel suo Studi sul Mitraismo (Il Mitraismo e la Magia). 

Le Gemme, infatti, sono fra i pochi elementi ‘originali’ a disposizione per comprendere la simbologia dei gradi di iniziazione del culto.

Su alcune di esse compaiono i nomi segreti degli dei planetari. Nomi che, per altro, si ritrovano tali e quali nel Quinto Papiro Magico. Altre Gemme riportano le forme assunte da Saturno: il leone con l’ape in bocca, il serpente leontocefalo e il cinghiale. Altre ancora, presentano iscrizioni e formule protettive.

In ogni caso, secondo Mastrocinque:

Le gemme magiche erano una sorta di “tempietti portatili” privati, che permettevano di chiamare in proprio aiuto il dio raffigurato e denominato nella pietra. Si potrebbe dire pertanto che le gemme magiche permettevano di eseguire particolari forme di preghiera. Nei papiri magici si sostiene che certe gemme potevano rompere catene e rocce, o cacciare demoni.

Ma non solo…

Oltre alle Gemme con funzione di amuleto, esistono anche altre pietre che venivano usate a fini magici ed erano chiamate “pietre del fulmine” perché si credeva piovessero dal Cielo insieme ai fulmini lanciati dagli dei.  Esse erano vere e proprie armi magiche, dotate di enorme potere, che permettevano al mago di alto livello di diventare potente come un dio.

Due pietre magiche mitriache famose sono l’ascia in pietra nera levigata del Museo di Atene, sulla quale si vedono la Tauroctonia e la Gigantomachia, e l’ascia magica in ossidiana di Mentana (Roma), sulla quale campeggiano Saturno (davanti) e Mitra (dietro).

Sempre secondo Mastorcinque:

Le due asce magico-mitriache apportano un significativo contributo alle nostre conoscenze sull’atteggiamento del Mitraismo di fronte al problema del “male”, della tenebra e della morte.

L’ascia di Mentana doveva essere appartenuta a un Pater che ‘operava’ con Saturno nella sua forma solare, mentre quella di Atene, recante l’iscrizione “Anima della tenebra, figlio della tenebra, dall’occhio lucente” apparteneva a un mago mitriaco che si rivolgeva agli aspetti oscuri di Mitra, nella sua veste di dio dell’oltremondo.

È questo secondo elemento che ci porta dritti nel profondo dei Misteri mitraici: se da una lato abbiamo il culto di Mitra come dio associato al Sole, dall’altro le Pietre magiche, le cui iscrizioni trovano a loro volta conferma nei Papiri Magici, i reperti e certa iconografia presente nei Mitrei, testimoniano anche di un utilizzo della necromanzia e dei teschi umani a scopo divinatorio, nonché della venerazione degli adepti nei confronti di Arimane, l’avversario di Ahura Mazda e quindi il dio del Male.


Aion, il Tempo che tutto divora

Nell’iconografia mitraica c’è un elemento che non appartiene del tutto al mondo classico: il Leontocefalo, ovvero una figura mostruosa che probabilmente risale al nucleo più antico del culto e si riallaccia anche alla tradizione egiziana.

Leontocefalo
Arimanio, o Aion mitriaco dei Musei Vaticani (da Cumont), in Studi sul Mitraismo, op.cit.

La figura è così composta: testa di leone; due coppie di ali: la prima sulle spalle con le punte rivolte verso l’alto, la seconda sul dorso con le punte rivolte verso il basso; corpo umano maschile avvolto da un serpente, il che ci riporta al concetto di ciclo eterno (Ouroboros); le mani tengono ciascuna una chiave, la sinistra anche uno scettro, simbolo di signoria sul Mondo.

Il Leontocefalo, insomma, sembra un ‘mix’ di vari aspetti divini e gli studiosi hanno tirato in ballo Saturno (Kronos, il dio del Tempo divoratore di anime… e di figli) e il dio egizio Osiride, nella sua veste di signore della morte e dell’oltretomba.

Secondo Cumont questa poteva essere anche la raffigurazione di Zurvan, il dio persiano del tempo infinito, tuttavia, sulla statua dell’Aion mitriaco dei Musei Vaticani si trova l’iscrizione “ARIMANIUS”, cioè Arimane.

Com’è possibile? Perché nei Mitrei, dedicati a un culto solare, si venerava Kronos-Osiride-Arimane? Perché i Patres operavano anche nella magia delle tenebre?

Una risposta a queste domande, come al solito, ci viene da Mastrocinque:

I seguaci di Mitra veneravano in Arimane l’aspetto oscuro dell’universo, esorcizzandolo e facendolo coincidere con una fase del ciclo di tutti gli esseri viventi. Mitra, il Mediatore divino, permetteva di ricollegare ciò che apparentemente è inconciliabile: la luce e le tenebre, la vita e la morte. Mitra era al tempo stesso Helios e Saturno/Serapide (…) occupava la posizione degli Equinozi, cioè la posizione in cui il giorno e la notte hanno uguale durata (…). L’ultimo grado delle iniziazioni mitriache era quello di Saturno-Kronos-Serapide. Probabilmente la posizione finale di Saturno non era dettata tanto da considerazioni astrologiche, quanto dal fatto che con Saturno si entrava nel regno dell’oscurità e della morte, entro il quale solo i Magi mitriaci più sapienti, cioè i Patres, potevano avventurarsi.

In conclusione: sia rispetto al culto di Mitra persiano, sia rispetto al Cristianesimo, il Mitraismo romano aveva creato un sincretismo nel quale erano confluiti vari elementi sapienziali (e magici) che tendevano all’immortalità (alla ‘salvezza’) tramite il superamento del dualismo Bene-Male.

 Forse, davvero, sarebbe stato meglio avere un mondo Mitraico.


Riferimenti bibliografici 

  • Attilio Mastrocinque, Studi sul Mitraismo (Il Mitraismo e la Magia), Roma, 1998
  • Armando Cepollaro, a cura di, Il Rituale di Mitra, Roma, 2006
  • Franca Maselli Scotti, Presenze di culto mitraico nell’alto Adriatico, in archeocartafvg.it
  • Luciano Albanese, Mitraismo e Filosofia, in mitraismo.info
  • Giuseppe Lampis, Una religione dell’atto cruento. I Misteri di Mithra, Roma, 2018

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