Trieste Patoca, fra misteri e disegni. Intervista a René Faraguna

Quando, qualche anno fa, ho iniziato questa avventura nel mondo dei misteri triestini Trieste Patoca* è stata una delle risorse online che più mi hanno affascinata e che da subito ho sentito nelle mie corde.

Il blog di René Faraguna, infatti, è pieno di informazioni interessanti (e insolite) sulla storia della città e le sue tradizioni e… di illustrazioni, realizzate dallo stesso autore.

Ecco perché ho chiesto un’intervista a René: l’idea di associare racconti e immagini mi fa dire che Trieste Patoca è un po’ la zia di Trieste Arcana, anche se il suo creatore è più giovane di me! 😀

bora triestina by René - TS 2020

Ciao René, finalmente ci incontriamo di persona! Per prima cosa, grazie di aver accettato l’intervista. Come dicevo, il tuo blog è fra le fonti ispiratrici di Trieste Arcana. Mi racconti da dove parte la tua passione per Trieste?

Ciao! La mia passione per Trieste nasce da molto lontano, grazie ai miei genitori. Da piccolo andavo con mio padre nei vari musei cittadini e a camminare in Carso; lui voleva che io assaporassi fin da subito l’importanza e l’intima bellezza di Trieste e della sua storia. Più avanti iniziai a raccogliere materiale su Trieste e, più specificatamente, sulle sue tradizioni e il suo folkore.

A proposito di leggende e luoghi misteriosi di Trieste, per te quali sono i “Top Five” che un appassionato deve assolutamente conoscere?

I primi 5 che mi vengono in mente sono: l’hotel Obelisco, vetusto ed ancestrale. Poi mi piace molto la dolina celtica ma, se è per questo, tutto il carso è “magico”. Cito pure il sotterraneo della Rotonda Pancera di via Felice Venezian: ci sono stato tante volte; è un luogo affascinante e misterioso anche se circoscritto al perimetro del palazzo soprastante.

E poi villa Melara, cioè quell’antica villa ormai abbandonata e cadente che si può  intravedere nella boscaglia che precede il quadrilatero omonimo, nella parte più alta, andando verso Cattinara.
Infine, il luogo forse più magico ed affascinante di tutti, ovvero il castello vecchio di Duino, con la sua ben nota leggenda della Dama Bianca.

Ho anche una storia personale sul castello: nel maggio 2001 fui ospite di alcuni amici, studenti del Collegio del Mondo Unito. Ero alloggiato in una casa carsica accanto al sentierino d’ingresso del castello.

Una notte, non riuscendo a dormire, mi alzai dal letto e così com’ero, in pantofole e pigiama, raggiunsi a piedi le rovine. All’epoca l’entrata era ancora chiusa al pubblico da una vecchia cancellata di ferro, facilmente aggirabile.

Era mezzanotte e davanti a me c’era solo l’immensità dell’Adriatico illuminato dalla Luna piena.

Volsi lo sguardo verso una delle torri… Forse si trattò di suggestione, poiché mi era venuta in mente la leggenda della Dama Bianca, fatto sta che improvvisamente l’atmosfera si fece lugubre. Anche se di base non credo ai fantasmi preferii fare dietrofront e tornarmene a casa.

Conosco il posto, e mi sono venuti i brividi…

In realtà è un aneddoto particolare ma anche buffo. Avevo ventitré anni, e quando si ha quell’età si può fare la pazzia di girovagare di notte, in pigiama e pantofole, all’interno di vecchi castelli abbandonati!

Ci credo, e mi piacerebbe vedere la scena disegnata da te! Nel tuo blog, infatti, ci sono anche tante illustrazioni che ritraggono scorci cittadini, personaggi della “Trieste che fu”, pezzi di storia (penso a quelle dedicate all’occupazione francese nell’Ottocento e agli Asburgo) e leggende, come quella della Camera Rossa dell’Inquisizione. Quando hai iniziato a disegnare?

A cinque anni. Mi era presa la mania di disegnare tutti i palazzi e i monumenti cittadini che vedevo dal vivo e nelle cartoline che mi comprava mia madre. Anche questa passione è continuata negli anni.

 

San Giusto by René - TS 2020

Oltre al raccontare storie su Trieste e al disegno so che hai anche una terza passione: la musica…

Be’, quella è nata una sera del 1982, quando i miei mi portarono alla famosa birreria Dreher. All’epoca la Dreher mandava i suoi ultimi sprazzi di triestinità poiché di lì a poco venne chiusa.

Feci appena in tempo ad assistere alle esibizioni di alcuni artisti favolosi, come l’indimenticabile Uccio Augustini e le tante band dell’epoca, che suonavano dal vivo un po’ tutti i generi, dalla musica triestina al pop e rock. Il resto lo fecero i dischi di mio padre: una vasta collezione di 33 e 45 giri, di tutti i tipi e tutti i complessi, cantanti e generi.

Se dovessi scegliere una colonna sonora per Trieste, da mandare in sottofondo nelle vie della città, quale sarebbe?

Sono della vecchia guardia, adoro la musica triestina dialettale della cantata di piazza, come quella fatta dal mio caro amico Giorgio Manzin assieme ai muggesani, nel pezzettino di strada antistante il porticciolo, che riuscì letteralmente a bloccare il traffico per due chilometri e passa a causa della gente che, proprio in mezzo alla strada, ballava e cantava spontaneamente, in assoluta allegria e libertà.

Oggi la musica dialettale triestina non ha più quella forza travolgente e frizzante che aveva fino a vent’anni fa, ma sicuramente è ancora viva e attiva, come testimoniano le ultime edizioni del Festival della Canzone Triestina.

Ecco, parafrasando il motto “largo ai giovani”, metterei in sottofondo i brani dialettali dei nuovi autori e interpreti, soprattutto per rinnovare e portare avanti un discorso importante, quello del dialetto, che è il nostro “Io” più profondo, la nostra radice culturale più intensa, da portare avanti sempre, con tanto affetto.

corriera triestina by René - TS 2020


* Per i non triestini: “Patoca” = verace.

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