
In Croazia, nel cuore del golfo del Quarnero si trova Veglia (Krk) una grande isola collegata da un ponte alla città di Fiume (Rijeka). Per la bellezza del clima e del territorio Veglia è nota, fin dall’antichità, come Insula Aurea, Isola d’Oro.
In questo articolo vi racconto qualcosa sui misteri dell’isola nella quale ho trascorso recentemente un paio di giorni, ospite di amici; misteri che si collegano alla storia e al folklore dell’area quarnerina.

Il Tesoro di Castelmuschio
Subito dopo il ponte che collega l’isola alla terraferma c’è Castelmuschio (Omišalj), il secondo centro più antico di Veglia dopo Veglia città. Durante il Medioevo Omišalj fu molto importante per la cultura e i nobili Frankopan vi eressero una delle loro rocche.
Per gli studiosi della lingua glagolitica (antico croato) il tesoro di Castelmuschio è un breviario su pergamena di 468 fogli, risalente alla fine del XIV secolo, oggi custodito nella Biblioteca Nazionale Austriaca (Biblioteca Imperiale di Vienna).
Se diamo ascolto al folklore, invece, la storia che ho trovato nella raccolta di Anton von Mailly* fa riferimento a una valle e a un convento abbandonato dove i tesori di Castelmuschio (pare ve ne fosse più di uno) sarebbero stati nascosti dai pirati Uscocchi o da amici dei Frankopan.

Von Mailly riporta che è proprio per la presenza di questi tesori che Veglia è chiamata “Isola d’Oro” e:
Sembra che molti scavatori locali di tesori siano stati fortunati nelle ricerche, mentre rimasero infruttuose le fatiche dei francesi. Attualmente sono ben pochi ad interessarsi di scavi: anche se tuttora è nota l’ora appropriata, nessuno ricorda più la formula magica. Chi fosse anche riuscito ad avvicinarsi al tesoro sarebbe rimasto terrorizzato dall’apparizione di spiriti e dal frastuono, al punto da perdere la calma e da fuggire a gambe levate. Molti caddero malati e perfino morirono in questo luogo.
Il villaggio abbandonato di Dolova
Proseguendo in direzione sud-est, nei pressi di Dobrinj si trova un singolare villaggio fantasma. Come spiega la pagina dell’Ente di informazioni turistiche di Veglia, del centro abitato di Dolova rimangono resti di muri in pietra, scale e giardini, il tutto coperto da rami e foglie che rendono il luogo particolarmente arcano.

La leggenda delle Streghe lavandaie
Secondo Lucio Zara** le “lavandaie notturne” sono esseri fantastici presenti in diverse tradizioni popolari europee. In base alle loro caratteristiche, ricorrenti in varie leggende, possono essere, a seconda della provenienza, esseri fantastici, spiriti di donne morte, streghe.
Le lavandaie notturne dell’Istria, note anche come Streghe lavandaie sono presenti in una leggenda, che si ritrova anche nelle isole, rielaborata da Achille Gorlato ed Elio Predonzani*** in “Poesia di popolo. Leggende istriane”.

Esse sono streghe che di notte amano andare alla fontana del villaggio a lavare i loro panni, ma non solo… Infatti, sentite cosa raccontano Gorlato e Predonzani:
Entrate nelle case in cui sanno di trovare un bambino cattivo, lo afferrano e lo trascinano alla fontana. Lì, tuffa e sbatti, il bimbo muore. Ma non lo lasciano ancora. Ne inzuppano e sbattono e ritorcono il cadaverino, come se non s’accorgessero che non è uno dei loro lerci panni.
La leggenda del pastore e della Fata
Questa leggenda è ambientata a Baška, una bella località nel sud dell’isola, per la precisione in un bosco dove un pastore – racconta Anton von Mailly – andava a pascolare le sue pecore. Addormentatosi in un prato, al suo risveglio trovò della biancheria stesa ad asciugare sull’erba.
Il pastore raccolse i panni e li portò nella sua capanna. Tornato dalle pecore, gli apparve una bellissima fanciulla che stava cercando la biancheria. Il pastore corse a prenderla e la fanciulla, grata per la cura con la quale l’aveva piegata, decise di sdebitarsi.
“Che chiedi per il servizio?” disse la fanciulla. Il pastore sorrise incapace di esprimere un desiderio. Allora la fanciulla, con uno sguardo al gregge disse: “Torna a casa e dì alle tue pecore: Joina biala, joina ciarna!”. Indi scomparve.
Il pastore fece come gli era stato detto e le sue pecore si moltiplicarono. Ogni volta che pronunciava le parole che la Fata gli aveva insegnato vedeva nuove pecore bianche e nere aggiungersi al gregge.
Una variante della storia spiega perché nella zona dove si trova l’abbazia di Santa Lucia c’è una pietraia bianca: un pastore che aveva protetto dai raggi del sole una Fata riceve in regalo molte pecore ma, essendosi voltato anzitempo, le perde perché esse si trasformano in pietre.


* Anton von Mailly, Leggende del Friuli e delle Alpi Giulie, 1922
** Lucio Zara, Le «lavandaie notturne» nel Veneto e in Istria
*** Achille Gorlato e Elio Predonzani, Leggende istriane. Poesia di popolo, 1956