
La bella Sirmione sorge su una penisola nella parte meridionale del Lago di Garda. Già importante in epoca romana, nell’Alto Medioevo la cittadina fece parte del feudo monastico di Bobbio e successivamente dei domini degli Scaligeri che, con Alberto della Scala, fratello di Mastino, nel 1272 presero Sirmione per annientare gli eretici patarini.
Fu proprio in epoca scaligera che la rocca venne eretta a scopo difensivo: il castello, infatti, è un eccezionale esempio di fortificazione portuale perché comprende una darsena (porto fortificato) che serviva a proteggere la flotta da eventuali aggressioni e dal vento di tramontana.

La leggenda del Castello di Sirmione e del suo fantasma è piuttosto nota e si riconduce a un crimine che oggi chiameremmo “omicidio passionale”.
Questa che segue è la versione della storia riportata da Carlo Scattolini in Storie e leggende di fantasmi attorno al Lago di Garda che, come scrive l’autore:
è il frutto di una meticolosa ricerca bibliografica, di sopralluoghi in posti più o meno spaventosi o impressionanti, di interviste ai “vecchi del paese” che spesso per superstizione sono poco avvezzi al rilasciare informazioni su spiriti, demoni e leggende.

Anticamente vivevano nella rocca di Sirmione il castellano Ebengardo e sua moglie, la bella dama Arice.
Durante una tempesta in una gelida notte invernale bussò alla loro porta in cerca di rifugio il Marchese Elalberto da Feltrino, uomo affascinante e libertino il quale, dopo aver ottenuto ospitalità per sé e il proprio cavallo e aver cenato abbondantemente alla tavola del castellano, fu colto dal desiderio di Arice e, con il favore delle tenebre, si introdusse di nascosto negli appartamenti della dama allo scopo di sedurla.

La dama si oppose al tentativo di violenza ma purtroppo Ebengardo, svegliato dalle grida di Arice, giunse troppo tardi in soccorso alla moglie: Elalberto, temendo di venir scoperto, l’aveva già pugnalata a morte.
Accecato dall’odio, il castellano estrasse a sua volta la spada e uccise il Marchese.
Da allora, nelle notti di tempesta, il povero Ebengardo è condannato a vagare per le sale del castello, spada alla mano, in cerca di una pace che la vendetta non fu in grado di offrire.
Una storia di amore e morte come tante, insomma, che se da un lato – come conclude Scattolini – non trova un preciso riscontro storico legato alla rocca, dall’altro riconduce ugualmente al territorio perché uno dei cognomi tipici di Sirmione è Arici, nel quale riecheggia il nome della sfortunata dama.
