Storie di fantasmi: le leggende di Miramare

Dato il tempo in abbondanza che ci è concesso durante questi giorni di reclusione forzata a causa della pandemia di Coronavirus, soffiamo via la polvere dal volto arcano di Trieste e riprendiamo con le storie.

Questa volta vi parlo delle leggende legate al Castello di Miramare e per farlo scelgo una fonte esterna a Trieste, consigliatami dall’amico Fabrizio Foni, grande esperto di letteratura fantastica: “Italia a mezzanotte. Storie di fantasmi, castelli e tesori” di Giorgio Batini.

Nel libro di Batini, morto nell’aprile del 2009, che fu uno dei più popolari giornalisti e scrittori toscani, cronista de “La Nazione” e autore di innumerevoli pubblicazioni dedicate ai temi più disparati, fra i quali, appunto, il folklore italiano, troviamo un intero capitolo dedicato a Trieste, intitolato “Brividi di bora”.

La bora è, forse, un fantasma, un funesto spirito dell’aldilà? Alcuni vecchi triestini lo sostengono, rifacendosi ad antiche leggende. D’altra parte a Trieste, quando soffia forte la bora, è proprio un inferno, e questo si spiegherebbe con il particolare tipo di anime che provocherebbero – secondo l’accennata tradizione – i temibili colpi di vento.

Così, poco più avanti, Batini registra come fosse stata la bora a condurre per la prima volta il giovane arciduca Massimiliano d’Asburgo, fratello dell’Imperatore Francesco Giuseppe, nell’insenatura dove poi sarebbe sorto il castello.

Massimiliano, che all’epoca era già ammiraglio, sfiorò il naufragio a causa di una tempesta e riparò nella splendida baia di Grignano, dove passò la notte. Secondo la leggenda, il mattino seguente, guardandosi intorno e ammirando la bellezza del luogo, decise di eleggerlo a sua futura dimora.

 

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Il Castello di Miramare (© Lisa Deiuri 2020)

Il Castello di Miramare fu costruito fra il 1856 e il 1860 sotto lo sguardo attento dell’arciduca, che andò a viverci insieme alla moglie, Carlotta del Belgio.

Nonostante l’architettura dell’edificio un po’ artificiosa, la posizione e il meraviglioso parco di oltre 22 ettari resero il luogo davvero incantevole e la coppia trascorse qui alcuni anni felici finché, come in qualunque favola nera che si rispetti, non si allungarono sul castello e sul destino dei due innamorati le ombre della Morte e della Follia.

… ci sono degli edifici che godono di una cattiva fama. Ci muoiono, ad esempio, tre o quattro persone di fila, una diventa pazza, un’altra si trova al centro di un clamoroso fallimento, e il giuoco è fatto: quella costruzione porta jella, nessuno ci vuole più abitare. (…) Anche Miramare ha una cattiva, anzi pessima, reputazione che comincia, appunto con l’arciduca Massimiliano.

Nel 1864, infatti, Massimiliano accettò di diventare Imperatore del Messico e tre anni dopo venne fucilato a Queretaro. La moglie Carlotta impazzì dal dolore e ritornò in Belgio, dove morì. Su Miramare, insomma, calò il buio.

Come se non bastasse, alla tragica fine della coppia reale si aggiunse il suicidio di una giovane donna segretamente innamorata di Massimiliano.

Fu così che la voce popolare assegnò al castello la sua sinistra fama, eleggendolo, questa volta, a dimora di fantasmi, fra i quali spicca proprio il biondo arciduca che, pare, tutt’ora si aggiri nelle sale con sguardo triste e in divisa da ammiraglio.

Batini, inoltre, riporta la testimonianza di tale professor Alfredo Barbacci, il quale ebbe l’ardire di passare un paio di notti nel castello; la testimonianza è particolarmente interessante perché, se da un lato sfata la presenza di uno spettro nel castello (Barbacci disse di non aver fatto strani incontri), dall’altro, insinua il dubbio che il fantasma (di chi, però, non sappiamo con certezza) abiti le soffitte delle Scuderie.

Non essendo superstizioso – raccontò Alfredo Barbacci – e considerando i morti assai meno pericolosi dei vivi, mi recai tranquillo dal soprintendente ai monumenti, che insieme al direttore del castello abitava nell’edificio delle scuderie, opportunamente adattato; (…) Gli chiesi, scherzando, se Miramare, come ogni castello che si rispetti, fosse provvisto del prescritto fantasma. Mi rispose che non gli constava, ma che uno di questi doveva frequentare l’edificio in cui ci trovavamo poiché sempre, – a mezzanotte come nei romanzi – udiva dei passi nelle soffitte poste sopra il suo appartamento, alle quali non si può accedere che da questo e passando dalla sua camera.

Comunque, che gli spettri preferiscano lo sfarzo di Miramare o le molto più modeste soffitte delle scuderie, vero è che, come mi raccontava anche la nonna, morto l’ultimo custode del castello negli anni Sessanta, il quale faceva ispezioni notturne per assicurarsi che non vi fossero intrusi, nessuno di coloro che presero il suo posto ebbe più il coraggio di compiere il giro di ronda nei saloni…


Fabrizio Foni, PhD, Senior Lecturer presso il Dipartimento di Italiano dell’Università di Malta, Membro dell’Istituto di Studi Anglo-Italiani, autore di numerosi saggi e antologie, fra i quali (in italiano) Alla fiera dei mostri. Racconti pulp, orrori e arcane fantasticherie nelle riviste italiane 1899-1932,  Lapilli. Culture 10, Tunué, 2007; Fantastico Salgari. Dal «vampiro» Sandokan al «Giornale illustrato dei viaggi», Nerosubianco, 2011; insieme a Franco Pezzini, Jolanda & Co. – Le donne pericolose, Cut-Up Publishing, 2017.

Tutte le citazioni sono tratte da: Giorgio Batini, Italia a mezzanotte. Storie di fantasmi, castelli e tesori, Vallecchi Editore IED, 1968

 

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