Alla ricerca della Fata Verde

Qualche sera fa un’amica mi ha portato a bere assenzio all’Opera 33, un locale in via Farini a Milano che sta a metà fra la tana del Bianconiglio di Alice nel Paese delle Meraviglie e l’antro di un alchimista.

Non era la prima volta che incontravo la “Fata Verde” (il soprannome di Fée Verte, la Fata Verde, appunto, è dovuto al colore dell’assenzio), ma l’atmosfera del posto (proprietaria compresa) ha reso davvero molto piacevole la degustazione, tanto che il giorno dopo ho deciso di scrivere un articolo per raccontarvi luci e ombre di questa bevanda magica.

In onore del poeta bevevamo assenzio
che è più verde
di tutto ciò che è verde,
e quando dal nostro tavolo guardavamo fuori dalla finestra
sotto la banchina fluiva la Senna
(Jarsoslav Seifert)

Manifesto liberty assenzio

Misterioso e circondato da un alone trasgressivo, l’assenzio mi ha sempre affascinato perché è collegato sia a un’antica tradizione farmacologica, sia al mondo dell’arte e perché la storia di questa bevanda è un buon indicatore della trasformazione socio-culturale che avvenne in Europa fra XIX e XX secolo.

Già Shakespeare ne parlava tramite i suoi personaggi nelle tragedie “Romeo e Giulietta” e “Amleto”. Più tardi, i poeti maledetti francesi, gli Scapigliati italiani e, in genere, tutti gli artisti della Parigi ottocentesca ne fecero la loro bevanda d’elezione, creando un immaginario precursore di quella che, sarà – più di un secolo dopo – la cultura underground, collegata all’uso di droghe per ampliare lo stato di coscienza da parte di intellettuali, musicisti, romanzieri e poeti inglesi e americani, spesso inclusi nella cosiddetta Beat Generation.

Ma andiamo con ordine e ripercorriamo brevemente la storia dell’assenzio, noto fin dall’antichità per le sue spiccate proprietà digestive, antidolorifiche e antisettiche le quali, per un lungo periodo, lo promossero a panacea di tutti i mali e i cui poteri “magici” furono registrati perfino su papiri egizi del 1600 a.C.

Le origini dell’assenzio

Ci sono tre versioni sull’origine del distillato di assenzio in Europa: la prima e, a mio avviso, la più interessante, vede coinvolta un’intera valle svizzera al confine con la Francia, la Val de Travers, nella quale, già dal Settecento ogni produttore aveva la sua ricetta segreta. Una storia suggestiva e che potete vedere nel video qui sotto.

La seconda versione indica come inventrice dell’assenzio tale Henriette Heriod, nota come “Maman Heriod”.

Maman Heriod coltivava la pianta di assenzio nel suo orto e produceva in casa piccole quantità di elisir che poi vendeva a privati e farmacie, esclusivamente a scopo terapeutico.

Pare che, ad un certo punto, il crescente smercio di elisir avesse attirato l’attenzione del sindaco del paese, Dubied, suocero del fondatore della ditta Pernod. Dubied, fiutando l’affare, acquistò la ricetta dalla Heriod e fondò, insieme al genero, una distilleria. Era l’anno 1798.

Dopo qualche tempo, nel 1805, Henri-Louis Pernod decise di aprire la propria distilleria a Pontarlier, in territorio francese, e da allora il nome “Pernod”, che nel mondo è sinonimo di aperitivo all’anice (Pastis), rimase indissolubilmente legato anche all’assenzio.

La terza versione della storia, invece, cita come “papà dell’assenzio” un medico francese trapiantato in Svizzera per sfuggire alla Rivoluzione, il dottor Pierre Ordinaire, esperto di piante officinali. Il prosieguo della storia è il medesimo e porta sempre alla Maison Pernod: a voi scegliere se l’assenzio abbia avuto un genitore femmina o maschio … 😉

L’assenzio conquista Parigi (e tutta la Francia)

Partito dalle distillerie di piccoli borghi svizzeri e francesi, nella seconda metà dell’Ottocento l’assenzio piega al suo fascino la grande città e, in meno di quarant’anni, tutto il Paese.

A Parigi, in particolare, la Fata Verde ammalia i poeti maledetti e, invariabilmente, gli appartenenti al movimento artistico noto come Bohème, diffondendosi rapidamente anche presso le classi meno abbienti.

quadro Toulouse-Lautrec Moulin Rouge assenzio
Henri de Toulouse-Lautrec, Al Moulin Rouge (1892-95) – Art Institute, Chicago [public domain]

Rimbaud, Verlaine e Baudelaire ne fanno largo consumo, immortalando l’assenzio nei loro versi e pittori del calibro di Degas, Manet, Van Gogh e Toulouse-Lautrec ritraggono nelle loro tele scene di quella che, nella capitale, era diventata nota come “l’ora verde”, una specie di “ora dell’aperitivo a base di assenzio” che andava dalle 5 alle 7 di sera e trasformava la Ville Lumière in un bizzarro e movimentato luogo di socializzazione e scambio culturale.

La Fata Verde, oltretutto, seduce anche gli stranieri. Ecco come ne parla Oscar Wilde, con la sua solita ironia:

mde
Sulla parete di Opera 33, via Farini, Milano

Il boom del consumo e gli anni del proibizionismo

Fra Ottocento e Novecento il consumo di assenzio in Europa cresce a dismisura.

La Fata Verde era una bevanda molto più economica rispetto al vino, la cui produzione era calata drasticamente per colpa della filossera, un parassita che aveva distrutto buona parte delle viti europee con la conseguenza di mandare i prezzi alle stelle.

In più, almeno per quanto riguarda la Francia, l’assenzio era molto richiesto anche dalle truppe impegnate nell’occupazione dell’Algeria che lo utilizzavano come antisettico e che, una volta rimpatriate, non erano disposte a rinunciarvi.

Dai dati che ho trovato in un interessante articolo di Federica Pollastro, dottore di ricerca in Scienza delle Sostanze Bioattive presso l’Università di Novara, il fenomeno del consumo di assenzio in Francia registra una crescita praticamente esponenziale: dai 700 mila litri del 1874 si arriva a 220 milioni di litri nel 1912, che corrisponde a un consumo medio annuo pro capite di circa 60 litri!

Tutto questo successo, però, condusse rapidamente la Fata Verde a trasformarsi in strega e, come tale, a essere bandita, essendo ritenuta una bevanda pericolosa (l’altro soprannome dell’assenzio era “Le péril vert”, il pericolo verde), una vera e propria droga, fonte non solo di alcoolismo, ma anche di stati allucinatori e addirittura responsabile di gran parte dei crimini violenti commessi dai bevitori.

In realtà, ammettendo che si tratta di un distillato ad alta gradazione alcolica, la guerra contro l’assenzio fu scatenata soprattutto per via della concorrenza al vino, che rischiava di mettere in ginocchio l’intera economia legata alla viticoltura e perché, in effetti, il consumo su larga scala aveva assunto le proporzioni di un vero e proprio abuso.

manifesto soppressione assenzio in Svizzera
Questa affiche, intrisa di black humor, rappresenta la soppressione dell’assenzio e richiama vistosamente l’ “ora verde”. La Fata, trafitta da una croce, giace ai piedi di un medico che è anche un prete esorcista dai lineamenti vampireschi… L’immagine la dice lunga sull’opposizione fra l’antica tradizione e il moderno concetto di salute pubblica. [public domain]

Fu così che, nel 1910 in Svizzera e nel giro di cinque anni anche in Francia, nel resto d’Europa, ad eccezione della Spagna, e negli USA iniziò il periodo del proibizionismo: diventò illegale produrre, trasportare e commercializzare assenzio.

Tuttavia, come spesso accade in casi simili, sorsero varie distillerie clandestine e la Fata Verde continuò a sopravvivere nell’ombra, seppure non sempre in ricette “ortodosse”.

Per vederla pienamente riabilitata, però, bisognerà aspettare circa un secolo: l’assenzio, infatti, ritorna a essere bevanda legale solo alla fine degli Anni Novanta del 1900.

L’assenzio è davvero pericoloso come una droga?

Ma veniamo alla domanda che tutti si fanno quando si parla di assenzio.

L’assenzio è una droga?

La risposta a questa domanda è duplice: si deve rispondere sì se, assumendo che si tratta di un superalcolico, come tale il suo abuso può dare assuefazione e condurre alla patologia dell’alcolismo; d’altro canto, se intendiamo con “droga” una sostanza psicoattiva simile a eroina e cocaina, gli studi scientifici hanno dimostrato che i tujoni, ovvero le molecole tossiche presenti nell’olio essenziale della pianta, per generare effetti simili a quelli di altre sostanze psicotrope, dovrebbero avere una concentrazione impossibile da ottenere dopo la procedura di essicazione, macerazione e distillazione e quindi la risposta è: no. L’assenzio non è una droga.

Comunque, se vi appassiona l’argomento, rimando sempre all’articolo della Pollastro, che spiega la faccenda in maniera molto chiara.

Come si prepara l’assenzio?

Ora veniamo alla preparazione della nostra pozione magica: l’assenzio viene estratto dall’Arthemisia Absinthium, una pianta medicinale della famiglia delle Asteraceae (come la lattuga, il radicchio e il carciofo), diffusa soprattutto nelle valli alpine o in prossimità di corsi d’acqua.

Il distillato di assenzio ha un gusto amaro, è di colore verde e, come dicevo, possiede un’alta gradazione alcolica (dai 68 ai 70 gradi).

In quello che diventa il liquore “finale”, oltre all’Arthemisia e all’anice (obbligatori), vengono aggiunte melissa, menta, finocchio, issopo, eccetera. Si dice che in alcune ricette tradizionali vengano mescolate più di 15 erbe.

Le erbe vengono messe a macerare in alcool per due settimane quindi si passa alla distillazione in alambicco. Si ottiene così un liquido trasparente che poi viene colorato dalle erbe e può essere giallino o verde smeraldo.

Come si degusta l’assenzio?

La degustazione dell’assenzio corrisponde a un vero e proprio rituale. Le modalità sono due: alla francese o alla boema (quest’ultima sconfessata dai “tradizionalisti”).

Metodo francese: si versa il distillato in un bicchiere conico, si appoggia sopra il bicchiere un cucchiaio traforato sul quale andrà posizionata una zolletta di zucchero.

Nelle absintherie, i locali nei quali viene servita la Fata Verde, troverete al centro del tavolo una fontanella dalla quale far scendere lentamente l’acqua ghiacciata sulla zolletta in modo da scioglierla e generare l’effetto louche. La quantità d’acqua deve essere tre o cinque volte quella del distillato.

Una volta sciolto lo zucchero, si toglie il cucchiaio, si mescola la soluzione e, dopo aver aggiunto ghiaccio a piacere, si beve.

In questo video dell’Académie d’Absomphe potete vedere la preparazione di un bicchiere di assenzio secondo il metodo francese:

black_absinthe
Metodo boemo all’Opera 33

Metodo boemo: la differenza, rispetto al metodo francese sta nel dare fuoco alla zolletta imbevuta di assenzio spegnendola con l’acqua prima che lo zucchero diventi caramello. Poi si toglie il cucchiaio, si mescola e si beve.

Il metodo boemo è recente e, come dicevo, agli occhi di un tradizionalista è solo un sistema pirotecnico per far colpo e amplificare l’aura di mistero e oscura magia che da sempre accompagna i rituali di degustazione della Fata Verde.


Vi è piaciuta la storia della Fata Verde?

Fatemelo sapere nei commenti 😉

Io vi saluto con un ultimo video, tratto dal “Dracula di Bram Stoker” di Francis Ford Coppola, che pare confermare in tutto e per tutto un’altra delle convinzioni che contribuirono a creare il mito intorno all’assenzio e cioè che la Fata Verde predispone all’amore…

  


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2 commenti

  1. Che bel pezzo dotto e ricco. Si dice che Alfred Jarry morì per la malattia della fata verde, anche se in realtà faceva anche abuso di alcol e di altro, e che fosse celata ed evocata nell’essenzia di finocchio tante volte citata da Queneau, nei Fiori blu. La storia della sua proibizione e anche della sua demonizzazione ricorda per certi versi quella dei derivati della cannabis, altra sostanza legata ai miti letterari, ma nel poema dell’hashish di Baudelaire e nella letteratura era mescolata alll’oppio, e in questo secondo principio erano da ricercarsi le visioni.

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    • Grazie. In effetti, i poeti maledetti ci mettevano anche il laudano, che è appunto una tintura d’oppio. E, sì, il proibizionismo riguardo all’assenzio ne ricorda altri. Anche allora, in effetti, c’erano di mezzo altri interessi (quelli dei produttori di vino).

      Piace a 1 persona

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