Afferma Nietzsche in Ecce Homo: «Se cerco un’altra parola per dire musica, trovo sempre e solamente la parola Venezia». Io dico: se cerco un’altra parola per dire arcano, trovo soltanto la parola Praga.
Così scrive Angelo Maria Ripellino in “Praga magica”, un saggio-romanzo e, al tempo stesso, una guida turistica di altissimo livello.

Praga, infatti, dal regno di Rodolfo II in avanti diventa, con Venezia (e in tempi più recenti, Torino e Trieste) una delle “capitali europee della Magia”, probabilmente la più famosa e ricca di luoghi dedicati alle arti occulte.
In questa storia, perciò, seguiremo un piccolo itinerario magico nella città boema dove, in epoca rodolfina, vivevano e lavoravano artisti, alchimisti e scienzati-astrologi provenienti da tutto il continente.
Il Castello di Rodolfo II
Praga e la magia strinsero un forte legame soprattutto quando, alla fine del Cinquecento, l’Imperatore Rodolfo II d’Asburgo vi trasferì la corte (che prima era a Vienna) e si rinchiuse nel Castello e nel quartiere circostante (Hradčany) allo scopo di studiare le scienze occulte e collezionare, nella sua “Wunderkammer” (Camera delle Meraviglie) opere d’arte e oggetti da ogni parte del mondo.

Fu così che, grazie al mecenatismo di Rodolfo e attratte da un clima di libertà che nel resto d’Europa, specialmente riguardo a certi temi, non si poteva godere, giunsero a Praga personalità di spicco della cultura dell’epoca.
Passarono periodi più o meno lunghi come ospiti del Castello gli astronomi Tycho Brahe e Johannes Kepler; l’alchimista e consigliere di Elisabetta I d’Inghilterra John Dee (insieme al controverso mago Edward Kelly); il filosofo Giordano Bruno; il pittore Giuseppe Arcimboldi, che ritrasse il sovrano in un celebre quadro, il “Vertumno”, più una pletora di avventurieri che, desiderosi di arricchirsi, si fermavano in città per apprendere la kabbalah e ricercare, dietro compenso, la pietra filosofale. Si dice che perfino il Dottor Faust sia passato di qua.
Dal canto suo, Rodolfo II si rintanava spesso nei suoi appartamenti, sopra il Fossato dei Cervi, o scendeva nei giardini, dove, insieme a diversi animali esotici, viveva un leone africano che, secondo la leggenda, era il suo “doppio” animale. La morte del leone, infatti, avrebbe presagito quella dell’Imperatore.
All’interno dell’enorme comprensorio del Castello, nel quale si può passare tranquillamente un’intera giornata per quanto c’è da vedere, non perdetevi il Palazzo Reale e la Cattedrale di San Vito, con la Porta d’Oro e i suoi tesori di inestimabile valore.
Nel Vicolo d’Oro, invece, benché la leggenda dica il contrario, vivevano prima le guardie dell’Imperatore e, in un secondo tempo, gli orafi, ma non gli alchimisti.
Il Ponte Carlo e le sue Torri
Dopo Hradčany proseguiamo il nostro tour magico con il famosissimo Ponte Carlo, che collega il quartiere di Malà Strana a Staré Město (la Città Vecchia).
Il Ponte Carlo, che si allunga per 500 metri sopra la Moldava, fu costruito da Peter Parler (autore anche della Cattedrale di San Vito e del Castello) nel XIV secolo e, per quasi quattro secoli, si chiamò semplicemente “Ponte di pietra”.

Fino alla sua pedonalizzazione, avvenuta intorno agli anni Cinquanta, il Ponte Carlo ha sopportato il peso di innumerevoli carri.
Una leggenda dice che la sua straordinaria robustezza sia dovuta, oltre che ai complicati calcoli degli astrologi, alle uova mescolate alla malta… Singolare, perché ho trovato questa credenza anche a proposito del materiale usato per il Faro di Veli Rat, in Croazia!
Il Ponte ha due Torri: a occidente c’è la Torre di Malà Strana mentre a oriente, vicino a Staré Město, c’è la Torre della Città Vecchia, costruita dal solito Parler secondo i canoni dell’Architettura Sacra e piena di riferimenti simbolici.
La Torre della Città Vecchia, che conduce coloro che attraversano il Ponte nell’antica Praga, è progettata usando figure geometriche di base come il cerchio, il quadrato e il triangolo, delineate secondo relazioni proporzionali fra numeri primi (2,3,4,5 e 7) o loro multipli e quozienti.
La Torre è suddivisa in 4 sezioni che rappresentano le Quattro Sfere del cosmo (Sfera della terra, Sfera della Luna, Sfera del Sole e Sfera Celestiale) e i Quattro Elementi: Terra, Acqua, Aria e Fuoco.
Sotto di essa si dice giaccia una spada che riemergerà dal fiume quando i Cechi avranno di nuovo bisogno di un Re che li guidi e protegga…
La Biblioteca monastica di Strahov

Sulla collina dove si trova anche il Monastero di Strahov, fondato nel 1140 da Vladislav II, c’è questa incredibile Biblioteca, la più grande del paese, che al suo interno ha due sale barocche eccezionali: la Sala della Filosofia e la Sala della Teologia.
Di norma, non è possibile accedervi ma noi siamo fortunati…
Trovandoci a Praga grazie al dottor C che partecipava a un convegno universitario su Esoterismo, Occultismo e Fantastico nella letteratura italiana di fine secolo, ci furono straordinariamente aperte le porte di questa meraviglia e potemmo entrare, insieme agli altri studiosi, in questo luogo magico, nel quale si percepisce ancora la presenza di abati e filosofi intenti a decifrare le leggi della Natura e dello Spirito.

La Sala della Filosofia contiene una libreria in noce alta fino al soffitto, impreziosito da un enorme affresco dal titolo: “La lotta dell’umanità per raggiungere la vera saggezza”.
Attraversando il Gabinetto delle Curiosità, una sorta di piccolo museo delle stranezze, si arriva, poi, all’ancora più suggestiva Sala della Teologia.
I grandi mappamondi antichi e il basso soffitto a volta, decorato da affreschi sul tema della “vera saggezza” che si raggiunge solo tramite la fede, rendono l’ambiente davvero unico. Come del resto è unico il codice miniato del IX secolo, il tesoro dei tesori della Biblioteca, noto come Il Vangelo di Strahov.
Essendo quella di Praga una delle più antiche comunità ebraiche dell’Europa orientale, non stupisce che nella zona del Vecchio Ghetto Ebraico si trovi anche il non plus ultra della magia.
Chi non ha sentito parlare del Vecchio Cimitero Ebraico di Praga, dove è sepolto Rabbi Löw, maestro di kabbalah e creatore del Golem, o delle fucine alchemiche, sparse un po’ ovunque, anche nelle case più insospettabili, nelle quali maghi e negromanti si affannavano alla ricerca della “pietra dei filosofi”?
Il Quartiere Ebraico e i suoi misteri
Oltre che per la creazione del Golem, il gigante di argilla animato secondo antiche formule esoteriche della kabbalah pratica, che avrebbe dovuto fungere da guardiano protettore della comunità ebraica contro le persecuzioni, Rabbi Löw è protagonista di molte altre leggende dell’epoca di Rodolfo II.
Una, in particolare, “Il Vicolo Belele”, ha a che fare con l’Antico Cimitero perché in essa il Rabbino deve interrogare i morti per capire come far cessare un’epidemia. State a sentire…
Nel Ghetto di Praga, durante il regno di Rodolfo II, si diffuse una pestilenza che colpiva e uccideva solo i bambini. La gente era disperata e poiché nel resto della città non succedeva nulla, molti cominciarono a pensare che si trattasse di una punizione divina per qualche crimine commesso all’interno della comunità.
Furono organizzate speciali preghiere di espiazione e giornate di digiuno ma invano, il Bethchajim (“Casa della Vita”) continuava a rimpinzarsi di corpicini. Allora, per consultarsi su come porre fine al flagello, si riunirono sapienti e rabbini da ogni dove.
La notte successiva alla prima riunione, Rabbi Löw fece un sogno nel quale il profeta Elia lo portò al Bethchajim e lì vide i bambini che uscivano dalle tombe.
Il rabbino interpretò il sogno come un aiuto divino e, dopo aver meditato, decise di scoprire quale fosse la causa della maledizione usando uno stratagemma. Quindi, chiamò il più coraggioso dei suoi studenti e gli parlò.
«Per scoprire di quale crimine ci siamo macchiati, fatti coraggio e vai oggi stesso a mezzanotte nel Bethchajim, e quando vedi i bambini defunti nelle loro bianche vesti funebri uscire dalle loro tombe, strappa ad uno di loro il Tachrichim (veste funebre) e portamelo.»
(Il Vicolo Belele da Il Golem di Praga. Leggende ebraiche dal Ghetto, Vitalis Verlag, Praga, 2014)

Il giovane fece come gli era stato detto e, poco dopo lo scoccare dei dodici rintocchi dell’orologio del Municipio ebraico, il cimitero cominciò ad animarsi: da sotto le tombe sgusciarono fuori decine di bambini che si misero a ballare.
Lo studente, sul punto di svenire dalla paura, riuscì per miracolo a impadronirsi del sudario di uno dei piccoli fantasmi e, raggiunta di corsa la casa di Rabbi Löw, consegnò il Tachrichim.
Dopo qualche istante, il Rabbino vide avvicinarsi alla finestra lo spettro nudo del bambino derubato che, con le braccia tese, lo implorava di restituirgli la veste funebre altrimenti, visto che ormai era quasi l’alba, non sarebbe potuto rientrare nella tomba come avevano fatto i suoi compagni.
A quel punto Rabbi Löw tentò il tutto per tutto.
«Se vuoi riavere il tuo Tachrichim, prima dimmi qual è la causa di questa epidemia.»
Il bambino pianse ancora un po’ ma poi rivelò che la colpa era di certa gente che abitava in un vicolo lì vicino e che si comportava male.
Rabbi Löw restituì la veste funebre al bambino, che subito ritornò al cimitero per godere del sonno eterno, e fece punire le due coppie di peccatori che gli erano state indicate dal piccolo spettro.
Immediatamente la pestilenza cessò e il vicolo nel quale abitavano i colpevoli fu ribattezzato “Belele” perché – dice il testo – le due donne che vivevano nella lussuria si chiamavano una Bella e l’altra Ella.
Io, però, ho il sospetto che dietro la leggenda “ortodossa” vi sia un racconto diverso…
Nella kabbalah pratica ci sono formule di evocazione dei defunti e di certi spiritelli che obbediscono al Mago in cambio di un favore (es. la restituzione di un oggetto).
Se il problema che scatenò la furia dell’Angelo della Morte fu un peccato di lussuria, potrebbe darsi che Rabbi Löw si trovò a dover scacciare dal Ghetto un demone e che in quel vicolo si fosse manifestato proprio Belial, il demone dell’impurità e dell’assenza di valori.
A conclusione di questo breve viaggio nella Praga magica, vi porto nello SPECULUM ALCHEMIAE, un piccolo museo situato sempre nella zona del Vecchio Ghetto ebraico di Praga, che riserva al visitatore una vera sorpresa.

L’edificio è stato costruito prima dell’anno Mille ed è stranamente scampato ai lavori di riqualificazione urbanistica eseguiti nel XIX secolo.
Oltrepassata la stanza del negozio erboristico si arriva in uno studio che è la ricostruzione del tipico ambiente nel quale l’alchimista passava ore e ore a leggere antiche pergamene sulle proprietà dei metalli.
Dal soffitto pende una portacandele circolare con tre teste cornute… Sapete chi è? No, non è il Diavolo, ma Mosè, che quando era alla corte del Faraone aveva imparato dai Sacerdoti tutti i segreti della magia!

Mosè il Mago che, secondo alcuni fu quel leggendario Ermete Trismegisto (“tre volte grande” – ecco perché le tre teste di Mosè), capostipite di una lunghissima tradizione di sapienza.
L’Ermetismo influenzò tutta la cultura occidentale, Medievale e Rinascimentale, e proseguì, all’interno della ricerca alchemica e filosofica, almeno fino al XVII secolo.
Di certo, quindi, al tempo di Rodolfo II, fra un alambicco e un crogiolo, a Praga se ne parlava.
Libri su Praga Magica e Misteriosa
LA biblioteca è qualcosa che mi manca purtroppo. Sono stata a Praga due volte e non sono mai riuscita da andarci. Ho trovato un sacco di dettagli qui che non conoscevo, ad esempio la presenza delle uova nella malta. Sei un pozzo di informazioni! Grazie!
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Grazie Simona! Praga mi ha davvero affascinata, prima e unica volta, ma spero di tornarci. per una, come me, appassionata di magia e antiche tradizioni, è davvero una città ricca di spunti 😉
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